La scuola d’arte a Ravenna tra XV e XVI secolo

Alcune curiosità sugli artisti e sul periodo rinascimentale nella città di Ravenna

Ravenna è stata capitale del mondo, dall’Impero Romano, al Regno dei Goti, fino all’esarcato bizantino. Nel Basso Medioevo si ridusse a una piccola città di provincia con le antiche mura: nonostante conservasse il porto e il commercio del sale, non era più l’emporio marittimo dell’Italia settentrionale che fu al tempo dei Bizantini. Nel 1371 la costa risultava ormai lontana tre miglia dalla città e il porto stava pian piano perdendo la sua funzione originaria. Tutto intorno vi erano paludi e acquitrini. Proprio nel 1371 il cardinale Anglico Grimoard lasciò la sua testimonianza sul territorio ravennate e ferrarese: “Il territorio è basso e le acque non mantengono il corso che dovrebbero, né vi sono qui adeguati argini o valli. Ora di giorno in giorno i villaggi sono sommersi, e la terra sta tornando a impaludare. A un certo momento poco a poco, la maggior parte di questa area starà sott’acqua”. 

L'allontanarsi del mare, l'abbandono dei lavori necessari per mantenere in efficienza il porto e la sua comunicazione con il Po, favorirono l'affermarsi di Venezia, che sostituì Ravenna e assorbì tutto il commercio che prima vi passava. Per eliminare la concorrenza relativa soprattutto alle saline, Venezia impose a Ravenna dei patti, grazie ai quali riuscì a controllare tutto il commercio ravennate e tutta la produzione e lo smercio del sale e, col castello di Marcabò, costruito sul canale che congiungeva Ravenna al Po, era in grado di sorvegliare tutta la navigazione fluviale. 

Il controllo di Ravenna e del territorio appartenuto alla casata dei da Polenta divenne effettivo nel 1441, quando Venezia ebbe il dominio diretto della città. Si rafforzarono le mura, si costruì la Rocca di Brancaleone, fondata nel 1457, si sistemò la piazza centrale, che la città ancora non aveva, si eresse il Palazzetto veneziano e si regolarizzarono e lastricarono le strade. Per la prima volta, segno di una forte rinascita economica, fuori Porta Adriana e Porta Sisi, crebbero e si espansero due sobborghi protesi verso ovest e sud-ovest, cioè verso l’agro che rinasceva. In queste terre Venezia rimase fino al 1509, anno della Battaglia di Agnadello, quando Ravenna passò a far parte degli stati della Chiesa. Nel 1512, i feroci saccheggi, incendi e stragi, fatti dalle truppe francesi dopo la battaglia, che da Ravenna prende nome, arrecarono un grave colpo alla città. Seguì la depressione dovuta alle lotte civili provocate anche dalle faziosità dei Rasponi, e che infestarono Ravenna per quasi un secolo. Le condizioni generali dell'epoca non permisero al governo pontificio di fare molto e di rimediare ai danni dei terremoti e delle inondazioni.

I nuovi committenti dell’epoca rinascimentale furono gli ordini religiosi. I Portuensi fondarono la chiesa romanica di Santa Maria in Porto fuori, e nel sec. XIV v'innestarono la chiesa gotica; l'abate Guglielmo fece istoriare il mosaico pavimentale di San Giovanni Evangelista con episodî della quarta crociata, e i suoi successori vi appoggiarono la cappella trecentesca e il portale marmoreo che ripete la leggenda di Galla Placidia. Vennero chiamati i pittori riminesi a lavorare in Santa Chiara, in San Giovanni Evangelista, in Santa Maria in Porto, in San Pier Maggiore (San Francesco), dove i Polentani eressero la loro cappella sepolcrale. Durante la dominazione veneziana venne effettuata la sistemazione edilizia e stradale della città. E proprio in questo periodo sorse la Rocca Brancaleone, e sulle colonne tolte dalla demolizione della chiesa di Sant'Andrea dei Goti, venne costruita la loggia del palazzetto veneto del comune; Pietro Lombardo innalzò le due colonne della Piazza Maggiore, e su ordine di Bernardo Bembo fece il sepolcro di Dante; suo figlio Tullio scolpì la tragica e dolce figura di Guidarello. Passati i monaci di Porto entro la cinta urbana, vi edificarono il grande monastero con i chiostri e la loggia lombardesca, e la magnifica chiesa di cui disegnò la facciata il Morigia. Anche i camaldolesi, venuti in città dopo la battaglia di Ravenna, costruirono in tempi successivi monastero e chiostri, la chiesa di San Romualdo e la Biblioteca Classense, simbolo della loro gloria a Ravenna. Di bei chiostri si adornarono anche le altre due abbazie di San Giovanni Evangelista e di San Vitale. 

Ravenna, Biblioteca Classense

 

L'immagine che si ha oggi della città di Ravenna, in Italia e all’estero, è strettamente legata a quella dei monumenti del V-VI secolo d.C. e dagli ancor più celebri mosaici che ne rivestono gli interni. Gli uni e gli altri hanno indubbiamente reso la città famosa in tutto il mondo e lo strettissimo legame che intercorre tra queste opere d'arte e Ravenna ha dato luogo quasi ad un'equazione: Ravenna = mosaici. Tutto ciò che comporta la storia precedente o quella successiva sembra essere “nascosto”.

Nei secoli XV e XVI, infatti, non sono solo la Rocca e Piazza del Popolo ad essere oggetto di abbellimenti e testimonianze scultoree. Ciò avviene anche per i complessi religiosi di San Vitale e di San Francesco. Opere quattrocentesche si rinvengono poi in San Giovanni Evangelista, in Sant'Agata e in San Domenico mentre altre di datazione cinquecentesca sono in Sant'Apollinare Nuovo, in Santa Maria in Porto, nei Chiostri della Biblioteca Classense, nel Battistero Neoniano e in Santo Spirito. 

 


 

 

Tavola cronologica e collocazione delle opere di Francesco Zaganelli e Luca Longhi nel XVI secolo

Tra le figure più attive agli inizi del ‘500 nella città di Ravenna troviamo Francesco Zaganelli e Luca Longhi, oltre che al forlivese Baldassarre Carrari e il ravennate Nicolò Rondinelli.

1502 – 1510: Baldassarre Carrari stabilisce la sua bottega a Ravenna.

1504: Bernardino e Francesco Zaganelli firmano la pala con la Madonna fra i Ss. Francesco e Giovanni Battista per S. Apollinare nuovo, ora in Pinacoteca di Brera.

1518-1532: Francesco Zaganelli realizza numerose opere per le chiese ravennati: in San Nicolò troviamo Il Presepio, i Ss. Caterina e Sebastiano; in S. Agata la Crocifissione e i dolenti; in S. Romualdo la Resurrezione di Lazzaro.

1529: Luca Longhi esegue la pala Sposalizio di S. Caterina per il monastero di San Vitale.

1538: Luca Longhi firma la tavola con la Madonna in trono fra i Ss. Paolo e Antonio da Padova, inizialmente collocata sull’altare della famiglia Lunardi in S. Domenico, oggi nella Pinacoteca di Brera.

1543 – 1544: Luca Longhi esegue la tavola con la Madonna in trono fra i Ss. Vincenzo Ferreri e Antonio Abate e i fanciulli Vincenzo e Antonio Cavalli, in corrispondenza dell’altare che possiede in giuspatronato la famiglia Cavalli nella chiesa di San Domenico.

1548: Giorgio Vasari lascia ai monaci di Classe la Deposizione di Cristo dalla Croce.

1549: Luca Longhi esegue la decorazione dell’orologio di piazza del Popolo.

1555: Luca Longhi firma la pala con lo Sposalizio di Santa Caterina per la chiesa del Buon Gesù.

1559: Luca Longhi porta a termine la tavola con il Martirio di S. Ursicino per la basilica di S. Vitale.

1568: Luca Longhi esegue le due tavole Adorazione dei Pastori e Cristo sorretto dagli angeli per l’abate di Classe, oggi collocate nel MAR, Museo d'Arte della città di Ravenna.

1579 – 1580: Luca Longhi dipinge la tela Invenzione della Croce in San Domenico. Unitamente al figlio Francesco, già suo allievo all’interno della bottega, dal novembre del 1579 esegue il suo capolavoro pittorico Le Nozze di Cana presso la Biblioteca Classense per 200 scudi.

1586: Francesco Longhi firma e data la tela raffigurante la Madonna fra i Ss. Matteo e Francesco per la chiesa di S. Giovanni Battista.

1604: Francesco Longhi firma e data la Madonna fra i Ss. Gerolamo e Clemente per la chiesa di S. Giovanni Battista.

1605: Francesco Longhi porta a compimento l’opera raffigurante la Madonna in gloria, S. Agostino e altri Santi per S. Maria in Porto.

Ravenna, Cappella di Sant'Andrea - Luca Longhi, Deposizione di Cristo


 

I Longhi non lavorarono solo a Ravenna...a Forlimpopoli troviamo testimonianze preziose...

Tra le maggiori testimonianze della cultura artistica rinascimentale in Romagna conservate a Forlimpopoli si segnalano, insieme all’Annunciazione di Marco Palmezzano (nella Chiesa dei Servi) e alle straordinarie arche degli Zampeschi (sulla fronte della basilica di San Rufillo), ben quattro opere dei Longhi, due di Luca e due del figlio Francesco.

Le prime due si trovano all'interno della Collegiata di San Ruffillo a Forlimpopoli ed appartengono alla fase giovanile di Luca Longhi. Si tratta di due pale d'altare su tela: la Madonna in trono col Bambino e i santi Ruffillo e Antonio da Padova collocata sull'altare Maggiore e la Madonna in Trono col Bambino e i santi Valeriano e Lucia posta nell’abside. Entrambe le opere furono commissionate nel primo Cinquecento dal signore di Forlimpopoli, Antonello Zampeschi, ed hanno le stesse dimensioni (230x180 cm) a conferma del comune intento celebrativo della famiglia del committente.

La Madonna col Bambino e i santi Valeriano e Lucia, firmata da Longhi sul gradino in basso a sinistra, porta la data 2 maggio 1528. In primo piano sulla destra, in scala ridotta rispetto ai due santi, Antonello Zampeschi fece rappresentare il padre, Brunoro I, morto nel 1525, a ricordo della sua volontà di donare alla chiesa l'altare di santa Lucia (fatto costruire poi dallo stesso Antonello dopo la morte del padre). 

“Il dipinto, prima opera nota del pittore, eseguita all'età di 21 anni - ha osservato Alessandra Cocchi - mostra come l'artista, con una tecnica già pienamente padroneggiata, abbia fissato uno schema compositivo preciso insieme ad alcuni elementi stilistici fondamentali che verranno da lui ripresi e sviluppati nell'attività successiva”. Già in questo primo lavoro, osserva ancora la studiosa “è evidente l'inclinazione sentimentale e alcuni aspetti un po' ingenui caratteristici di una fase giovanile, ma è evidente anche la strutturazione già impostata secondo un certo equilibrio compositivo”.

Sull’altare maggiore si trova, invece, la Madonna in trono col Bambino e i santi Ruffillo e Antonio da Padova, ultimata due anni dopo, cioè il 15 aprile 1530, come indica il cartiglio in basso a sinistra. In primo piano, in questo caso, sempre in dimensioni ridotte, è raffigurato lo stesso Antonello Zampeschi, come ribadisce anche l’emblema di famiglia posto sull'orlo del dipinto: due spade d'argento incrociate su campo azzurro con la stella d'oro al centro.

“Oltre alla vicinanza stilistica con la vicina pala con santa Lucia – ha scritto Alessandra Cocchi - si colgono riferimenti molto forti anche con lo Sposalizio mistico di Santa Caterina realizzato dal Longhi nel 1529 e ora conservato nella Pinacoteca di Ravenna. Sono infatti presenti le stesse componenti sceniche e compositive e una simile esecuzione tecnica. 

Al figlio Francesco sono invece attribuiti una pala d’altare della seicentesca Chiesa del Carmine, in via Saffi, e gli affreschi della cappella palatina al piano nobile della Rocca Ordelaffa.

Edificata nel 1626 la chiesa del Carmine ha assunto le attuali forme neoclassiche nel primo Ottocento, mentre alla seconda parte del secolo appartiene il ricco apparato decorativo a fresco del presbiterio, con raffigurazioni di AngeliSan Pietro e San Paolo, Fede e Speranza - e nella volta - l’Assunzione della Vergine e i Santi Simone Stock e Teresa d’Avila, realizzato dal forlimpopolese Paolo Bachetti.

Sulla parete di sinistra si conserva la pala dei primi del Seicento di Francesco Longhi raffigurante l’Immacolata Concezione.

Al primo piano dell’ala orientale della Rocca, riservato oggi alla Sala Consigliare del Municipio, si trova invece la cappella palatina, edificata nel XVI secolo e dedicata all'Eucarestia, i cui decori raffigurano Il pane degli Angeli (nella volta), La caduta della manna (sulla parete di destra) e Il profeta Elia (sulla parete di sinistra). Anche qui l’opera di Francesco Longhi dialoga con quella di Paolo Bachetti, di cui si conserva nella sala consigliare il grande sipario del Teatro Comunale raffigurante la distruzione di Forlimpopoli da parte del cardinal legato Egidio d’Albornoz.

Forlimpopoli, Rocca

Forlimpopoli, Rocca

Ultimo aggiornamento 27/06/2023
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